inchiostro di vene

al parco senza sapere
né dove né quando
né come iniziò

tempo senza tempo
filamenti sparsi
supernova deflagrata
e polvere dappertutto
signora mia
sulla terra e nello spazio

l’indefinito inghiotte
e dalla botola una voce
“è l’ora della sete”
in fin dei conti
siamo materia sedotta
e poco più

una bimba s’è seduta qui davanti
mangia ciliegie
“non temere, sono Dio”

per i cani come noi il tramonto tramonta
e morta lì
mentre l’asfalto manda calore
fondendo ruote di gomma
che ci portano a spasso in cubicoli di vetro
vibranti di note
di notti
di niente

a saper vedere l’inconsistente
la città collasserebbe
con la campagna tutt’attorno
e le foglie a sussurrare
“ti stavamo già aspettando”

d’altronde il mistero più grande
è la piccola inserviente del trasandato baracchino
che se ne va
posteggiando la schiena da conducente
su un lussuoso sedile d’auto nera lucente

oppure la bimba
posteggiata in passeggino
che mi guarda storto ma senza disamore
chiedendomi
con occhi di specchio di lago
“cosa diavolo vai facendo?”

non so
piccola osservatrice siderale
non so

m’illudo di guardare
strisce fluorescenti
nel cielo nero blu
mentre la vita che ho passeggiato
e poi corso e camminato
mi si addensa sulla schiena
attutita appena
da birra biro e sigaretta

ma va bene
anche quello che non va bene
nessun controllo è possibile
n’est pas?

solo abbandono
ad occhi aperti
gridando forte “aiuto”
e ancor più forte “non salvarmi”

spicco stelle in punta di piedi
mentre la piccola inserviente
è tornata
parcheggiando davanti a me
la sua nera carrozzeria di vernice blu rovente

vedi piccola visitatrice?
in fondo tutto torna
in forma diversa a dar sostanza
alla nostra materia sedotta
scribacchiata tremolando
su panchine arrugginite
solcando fogli bianchi
con punta rossa di pena
e nero inchiostro di vene

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